Visualizzazione post con etichetta di storie d'altri e d'altre storie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta di storie d'altri e d'altre storie. Mostra tutti i post

lunedì 23 marzo 2015

LA DESCRIZIONE DI UN ATTIMO

ti ricordi quella volta che c'è mancato un pelo? sì, la volta che davvero ti è andata di lusso. già, quella volta lì che non hai capito bene come né perché, ma l'hai sfangata. chiamalo fato, bravura, o semplice botta di culo: la macchina ha frenato, e non è accaduto nulla, assolutamente nulla. poteva essere un casino, e invece nada de nada.
poi non ci hai più pensato, e la tua vita è andata avanti, da lì in poi, nella solita sequenza di normali quotidianità. e sono passati i giorni, e poi le settimane e i mesi. e dopo un po' di anni eccoti qua. e ne hai fatte e viste, di cose, in questi anni, e ne hai vissute. e il lavoro, e l'amore, e gli scazzi, gli amici, le amiche e le vacanze. la casa e la tua famiglia. la tua vita. quella che hai oggi. la tua vita.
allora, te la ricordi quella volta? la ricordi? quella volta lì che all'ultimo è andata bene... ecco.  sì. quella volta lì. ma non è andata proprio così.
continuo a cercare di dirtelo. te lo dico ogni volta che vengo. ogni singola volta. quella volta non t'è andata di culo all'ultimo istante. no. non ha frenato, l'auto. non abbastanza almeno. continuo a dirtelo. ogni volta che vengo a trovarti qui. dicono che se ti parlo tu mi senti. dicono che il tuo cervello riceve l'informazione, e che la elabori. io non lo so. non so se è come dicono loro. so che te lo dico ogni volta che vengo a trovarti qui. ma non vedo mai nessun cenno, o nessuna reazione da te. io davvero non lo so...
e no, non credo che tu mi senta. sei sempre uguale. sempre. checché ne dicano i medici, non ci credo che tu capisca che sei in coma qui. tu che credi di stare leggendo un post che parla di qualcun altro.

martedì 11 marzo 2014

VITE CHE NON SONO LA TUA

avere tre figli. i fine settimana d'inverno in montagna a sciare, e quelli d'estate al sole al mare. le sere della settimana a casa, in città.  il rito cena e poi televisione. stando attenti a non scorticarsi troppo i nervi. quel delicato equilibrio tra mal sopportazione e proseguire una vita insieme. e chissà se si scopa il personal trainer, lei. che chi se ne frega poi. basta che non rompa il cazzo le sere che le dice che ha riunione. a portar fuori la nuova stagista. e poi, da lei.

decidere se sia il momento giusto per un secondo figlio. con il pensiero di non lasciare il primo da solo quando poi sarà adulto nel mondo.

separati in casa. letti divisi. se la fortuna gli ha dato abbastanza spazio, in stanze diverse. uno o più figli nell'altra. nell’abitudinarietà poi si diluisce tutto. e chissà quanti anni passano. e chissà se poi ci provano e sperano e riescono a tornare a vivere e a uscire e conoscere e perdere la testa e scopare...e poi cosa fanno? tornano a casa ciascuno nel proprio letto separato? e se sono fortunati in stanze diverse? chissà....

un’altra sera da uscire, anche stasera. ché da solo mai. il solito giro per locali. bere. la musica alta. parlare ad alta voce. risate. stare con persone. le donne, e le ragazze che lavorano da qualche anno e sono ancora troppo giovani per una famiglia. forse stasera la rivedi. stavolta ti fai dare il numero. o almeno la mail. così combini domani in pausa pranzo. dopodomani al massimo. chissà se è tipa da montagna o da mare, per il week end.

ritrovarsi tutti insieme la sera a tavola, per cena. dialoghi misti adulti bambini. dialoghi frammentati, di domande per far dire le risposte.  la televisione accesa. o la televisione spenta, chissà. poi dopo i denti il pigiama. metterli a letto. finalmente quiete, ora. con lei ci parla.  o con lei non ci parla ora, chissà. c’è chi vive il presente. c’è chi evade pensando un qualche altrove.

e lei ha attraversato la crisi. la crisi, e la voglia. la voglia assurda e feroce  di amare quell'altro, di uscire dallo schema, dopo quasi quindici anni... e due figli non bastano quando il cuore e la carne ti portano a sentirti triste e vuota senza quella mano tra i tuoi ricci. ma lei sa aspettare, e lascia trascorrere i mesi. e lascia passare. e torna. torna nel piccolo perimetro della vita che ha scelto. e non è questione di felicità, no. la felicità non conta mai. è essere responsabile. un sacramento da onorare. e due figli da crescere.

e ci sono così tante vite. che non sono la tua.


venerdì 13 luglio 2012

ATTRAVERSO AFRICA (a short story)

è il caldo. il caldo che ti scorre sopra le mucose delle narici quando inspiri. il caldo che ti entra nei polmoni ad ogni respiro. è il caldo. ovunque. in ogni momento.
il caldo è caldi diversi. c’è il caldo umido dell’aria spinta dall’oceano, che ti si incolla addosso ad ogni millimetro di pelle e che ti ricopre come una guaina da cui non c’è modo di liberarti. e c’è il caldo secco che evapora all’istante qualsiasi umidità, anche la tua, e non hai nemmeno una stilla di sudore addosso, la tua pelle asciutta e pulita come non è stata mai.

nella discoteca di fez la ragazza ti scopa con gli occhi. non riesci nemmeno a darle un’età. 20 anni. 18. 16. non lo sai. non sai come si leggono gli anni sulle ragazze, qui. magari ne ha 14. che cazzo ne sai. però, cristo, uno sguardo così non si può combattere, né reggere. uno sguardo così è la voglia il desiderio il sesso, è la vita. un bisogno assoluto, ineludibile, detto chiaramente anche senza dire parole. è una promessa muta. e la sua bocca sa di dolce, ha sapore di cannella e di spezie a cui nemmeno sai dare un nome. la sua bocca, per te, è un continente intero, un continente che non conosci. e il suo sesso è un mondo nuovo. un nuovo profumo un sapore nuovo. ed è lei a prenderti e guidarti dentro il suo mondo, in questo continente. è lei a prenderti in mano. e portarti dentro di sé. respirandoti in bocca mentre respiri nella sua.

la casbah è l’unica costruzione sull’altopiano. è ancora lì, anche ora che non ha più senso un presidio militare. e fin lì, e da lì, le piste polverose dell’alto atlante. dove ogni centro abitato è solo una stazione di scambio. chilometri di nulla, poi, e tende di pastori nomadi a intervallare di presenza umana la terra primordiale.

è facile, troppo facile perderti nella medina. odori colori suoni voci urla richiami. è un microcosmo che ti satura le percezioni. un immenso rumore di fondo sensoriale che ti fa perdere la percezione di te. ed è difficile, troppo difficile schivare ogni questuante, ogni persona che vuole farti da guida, ogni commerciante che vuole venderti qualcosa, ogni singolo ladro che non aspetta che una tua disattenzione, o il momento in cui prendi la svolta sbagliata. è necessario e difficile, restare padroni di se stessi. necessario. e così maledettamente difficile.

m. è un mercato di scambio dove si incontrano mondi. decidi di perderti, qui, tra arabi, maghrebini, neri subsahariani. il luogo dove confinano i mondi. e dove i mondi commerciano tra loro. decidi di perderti, qui, nel crocevia dei mondi.

paul bowles perso nei vicoli di tangeri. e tra le natiche di giovani ambrati.
william burroughs nei suoi sogni eroinomani. e le notti che odorano di gelsomino e che sanno di alcool passate a scrivere.
le mille voci che si rincorrono sulle pagine di elias canetti.
il tè nel deserto. o il tè alla menta che appoggi sul ripiano di marmo di tavolini all’ombra del canto dei muezzin che chiama in lontananza.
arthur rimbaud che contratta con un cammelliere il prezzo per trasportare le casse di legno sbrecciato.
thierry sabine non arriverà a dakar. non stavolta. questa volta il suo viaggio si interrompe. e per sempre.
antoine de saint-exupery immagina un bambino che cammina sulla duna di fronte a lui.
ma non tu. tu, tu non sai immaginare, tu ti fermi al reale, al tuareg (“je ne suis pas un twareg, je souis kel tamahaq") che ti chiede in una lingua più di gesti e sguardi che di parole di seguirlo, te lo chiede guardandoti fisso dentro gli occhi. e lo segui,  fuori dall’oasi e su una delle dune lì intorno. e all’improvviso si ferma, e stende la stoffa sulla sabbia. e la sua pelle è liscia e tesa sotto la tunica, e la tua pelle si increspa appena ti sfiora, e la sua voglia di te è nelle mani che ti scorre addosso e nell’erezione che preme contro la tua. l’homme in bleu è davvero blu, stanotte, ed è blu la sua pelle sotto la luce di un cielo senza luna. stanotte siete entrambi blu, sulla sabbia, sotto questo cielo senza luna, sono blu i vostri corpi che mischiate sempre più. mischiandovi dita, mani, bocche, lingue, labbra, cazzi.

le voci prive di qualsiasi grazia dei dromedari al risveglio. come lamentele per un nuovo giorno di sole che sta per iniziare. ormai lo riconosci anche in mezzo agli altri, il tuo dromedario.
non sai nemmeno dire se quello che mangi ti piace. o ti fa schifo. non sai nemmeno dire se è commestibile quello che mangi. mangiare questa roba incomprensibile, di colori e consistenze mischiate, carne verdure cereali ossa nervi e chissà cos’altro, senza un sapore comprensibile, questo è semplicemente sopravvivenza. la tua.
ci vogliono giorni. ma alla fine impari a metterti da solo la tagelmust.

li chiamano homme in bleu. ma sono azzurri. la carovana è una traccia filiforme azzurra e marrone che scorre lungo la sabbia arancione.
le notti del deserto sono immense come le stelle che punteggiano il nero del cielo, come il silenzio che permea ogni cosa, immense come essere arrivato, alla fine, all’essenziale di ogni cosa, e del tuo stesso essere vivo.
la notte del deserto annichilisce ogni cosa. e ridefinisce ogni tua definizione di te. e non c'è null'altro, ora adesso qui.

al di là dell’oceano smisurato di sabbia, in fondo a questo sogno di sabbia calore dune e sole impietoso c’è il bacino del niger, e lì si trova timbuctù. ma non riesci a vederla, da qui, non riesci nemmeno a immaginarla. è oltre. infinitamente oltre. oltre orizzonti troppo numerosi da passare per riuscire a pensarci, ora, sotto questo sole a picco, davanti alle onde immobili di sabbia gialla, ora che respiri caldo ad ogni respiro. ti chiedi se ci arriverai mai, laggiù, in quel dove che non riesci nemmeno a immaginare. o se la tua eternità si svolgerà tra queste dune di sabbia. se vagherai senza fine in queste immobili onde di sabbia. se sei destinato a questo, forse. a morire qui.

sabato 21 gennaio 2012

IL RESPIRO E IL SOGNO

compri libri. molti. e fumetti, anche. anche usati, a volte. quando li trovi. usati. i fumetti. e i libri, anche. 
e sei lì che scorri i fumetti usati, messi tutti di costa, sullo scaffale, e tra gli autori e i titoli vedi questo fumetto qui, lo vedi e sorridi, e lo prendi, e lo sfili, e lo sfogli. e ti dici oh, com’era bello, che tu l’hai letto, questo, l’hai letto tipo secoli fa, secoli fa quando avevi diciotto o diciannove anni, tipo così, ed era bello, quel fumetto secoli fa, bello come un sogno, o una poesia muta di immagini completamente senza parole, e te l’aveva prestato chissà chi, questo non te lo ricordi più bene, ma che fosse bello come un sogno o una poesia muta, questo te lo ricordi bene sì. poi, dopo, sei già a casa quando inizi a leggerlo, pagina dopo pagina, e girando le pagine, cade un foglio. un foglio giallo, perfettamente piegato in due. lo raccogli. lo apri. è scritto a mano. una scrittura tutte curve, femminile. e
balzac ha scritto che “una notte d’amore è un libro letto in meno”: poiché non voglio essere assalita da rimorsi e sensi di colpa per il tuo mancato “acculturamento” ma non voglio rinunciare alle notti (o mattine o pomeriggi…), sono arrivata a un compromesso. non ti rovinare gli occhi nella lettura e apprezza il mio senso of humor.
con tutto il cuore,
roberta
e non è a te che parla, quella roberta, kovalski, no, non è a te che lo dice il giorno dopo una prima notte a un qualche lui per te senza nome. 
e poi pensi che non deve essere durata, se lui ha venduto il fumetto. e poi pensi che non deve essere stata neanche molto importante, se lui quando lo ha venduto ci ha lasciato dentro il foglio giallo perfettamente piegato in due. 
e però, che lunga strada ha preso questa roberta per arrivare fino a te, kovalski, hai visto? ma che gli fai tu, alle donne, kovalski, che gli fai?