mercoledì 26 luglio 2017

26.07.17

e c'è da chiedersi come abbiano fatto a perderselo. perderselo proprio nel senso che neppure si sapeva più della sua esistenza. e non per un attimo, o qualche tempo. no, no, se lo sono letteralmente perso per milleduecento anni. esatto. mil-e-du-e-cen-to anni. perso al punto che nemmeno si sapeva fosse mai esistito.
e nemmeno da dire che poteva succedere perderselo, ché in fondo era una robetta piccolina, che insomma ci sta che tra qualche guerra tra vicini, quel tot di terremoti e quell'altro tot di eruzioni vulcaniche qualcosa te la perdi anche, in tutto il trambusto dei secoli... a parte il piccolo particolare che quello che si sono persi è un tempio. e neppure un tempietto qualsiasi, no no; questi si son persi per milleduecento anni quello che era, è sempre stato e tuttora è il più grande tempio buddista del mondo.
e se perdersi per milleduecento anni il più grande tempio buddista del mondo non fosse già di per sé cosa curiosa, aggiungiamoci anche il fatto che il più grande tempio buddista del mondo si trovi in un paese in cui di buddisti praticamente non c'è ombra.
niente male, eh.
(a te resta l'incanto. l'incanto della costruzione in sé, i gradoni di pietra le statue, gli altorilievi, il percorso che piano dopo piano porta dal mondo delle passioni al nirvana, gli innumerevoli budda, gli stupa finali.
l'incanto di camminare, vedere, toccare tutto questo.
l'incanto di un percorso circolare anziché lineare per salire fino in cima, perché questo luogo non è fatto per l'arrivo, ma per fare il percorso in sé, come la vita è fatta per viverla non per la propria fine.
l'incanto dall'alto della pietra grigia sotto il cielo azzurro, e il verde della vallata tutt'intorno. e la cresta delle montagne a chiudere ogni orizzonte.

l'incanto di essere qui, tu, ora, e di vivere tutto questo, tu, nel qui e ora, dopo milleduecento anni di oblio assoluto.
e poi c'è l'incanto della vita che parla, e di chi ascolta e di che nemmeno se ne accorge; l'incanto dell'insetto enorme che continua a posarsi sulla testa del budda malgrado il ragazzo continui a soffiarlo via per fotografare la statua senza. ed esso vola via, fa il giro, e poi torna a posarsi sulla testa della statua. soffia. vola via. torna. soffia, vola via, torna. soffia, vola via, torna. torna sempre, ogni singola volta, sulla testa del budda che sorride sardonico. una, due, cinque, dieci, trenta volte. e ti chiedi come sia possibile che il ragazzo non capisca che deve farla così, la foto, con l'insetto sopra la statua. la vita sta continuando a ripeterglielo, ma lui è totalmente sordo a quello che il momento sta disperatamente cercando di dirgli.  
e l'insetto torna lì, ancora, sulla testa del budda. il budda di pietra che sorride sardonico. di tutto questo. di essere perduto o ritrovato. del cielo azzurro. del ragazzo che soffia. di te che li guardi tutti e tre; il ragazzo, budda, e l'insetto).


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occhio. ché il K ti legge. e risponde, anche.