martedì 25 novembre 2014

PRESS PLAY

ora che non ho fame di parole
avrei bisogno di parole
parole che scorrano facili
e non inciampino in mezzo alle dita

che poi le questioni sono sempre le stesse, le questioni a cui giri intorno, o forse sono loro a girare  intorno a te, chissà, ecco sì, forse è questo: le questioni che ti girano intorno come musica ti circondano ma non le afferri, e ogni volta che schiacci play ricominciano identiche a se stesse... e le parole sono ellissi che racchiudono porzioni di spazio e separano il dentro dal fuori ma non ricoprono lo spazio racchiuso, le parole definiscono confini, le parole non completano il quadro, c'è sempre territorio libero per le sfumature, le interpretazioni, le visuali diverse, ché se giri il foglio il disegno è lo stesso ma sembra diverso, e dei disegni l'occhio coglie le linee che delimitano e non gli spazi che vengono definiti, e con le parole è lo stesso, il senso scorre lungo i bordi, lungo i confini, lungo i bordi delle parole e lungo i confini delle frasi, il senso scorre lungo il perimetro del discorso, e resta lo spazio in mezzo, resta indefinito, e lo sai, sì, sì, lo sai, lo sai che il tempo ticchetta, e noi invecchiamo. prima ancora di rendercene conto ne è già passato fin troppo, e ci siamo persi l'occasione di lasciarci ferire dagli altri. quando ero più giovane mi sembrava una grande fortuna; ora che sono più vecchio mi sembra solo una tragedia silenziosa e anche queste sono parole mute, sono parole che tracciano i confini, che corrono lungo i bordi, parole che non riempiono gli spazi, e proprio ora che avrei bisogno di parole, parole che cadano in gola come pioggia calda a definire le rabbie e gli affanni, gli scoramenti e gli sfinimenti, a definire i vuoti che non si colmano, no, ché non li colmano le parole, non li colma il tempo, non li colma la volontà, e con i vuoti devi forse imparare a convivere e non pensare di poterli riempire perché le parole definiscono confini e non gli spazi tra le linee, e tra gli spazi indefiniti ci sono anche i vuoti, e chissà se importa poi che forse abbiamo dovuto pagare un prezzo per la nostra vita scintillante, e il prezzo è stato l'incapacità di credere totalmente nell'amore. al suo posto abbiamo ricevuto in dono una particolare forma di ironia che ha bruciato tutto quello con cui entravamo in contatto. e mi domando se questa forma di ironia rappresenti il prezzo che abbiamo pagato per vivere senza dio cosa dici, importa? importa chiedersi di nuovo e ancora se siamo disposti a rinunciare a ciò che noi vogliamo per ottenere tutto ciò che non vogliamo perdere? importa? e se sì, se importa, allora dove porta? alle solite questioni che ti girano intorno come musica, che ti circondano ma non le afferri, e ogni volta che schiacci play ricominciano identiche a se stesse. in ellissi di parole. ché alla fine, in fondo, sono sempre e solo ellissi di parole.

press stop.
now.
 
[© el muniria, douglas coupland, casino royale]

12 commenti:

  1. A noi ci frega che il tasto Stop lo puoi spingere pure. Ma una volta sola. In realtà siamo in perenne Play. Con tutti i casini che comporta 'sto reality del ciufolo...

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    1. forse. non so. forse siamo in perenne play... sicuro che non siamo mai in stand by? o che non ci troviamo spesso a far continui rewind?

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  2. Se avessi fatto scelte differenti in passato, staresti oggi a domandarti di cosa ne sarebbe stato di te se avessi fatto le scelte opposte.
    Cioé quelle che hai fatto e ti conducono oggi a certi interrogativi.

    Un cane che si morde la coda, insomma.

    Ce l'ho anche io questo cane.
    Non riesco ad addomesticarlo...

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    1. eggiá. robe di cani.
      sarà per questo che il K sceglie i gatti?
      ;-)

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  3. Dopo aver letto questo post io premo play con questa:
     Se c'è un motivo trovalo con me. 
    Senza ingranaggi senza chiedere perché 
    Dentro i miei vuoti puoi nasconderti.
    Le tue paure addormentale con me
    Se c’è un motivo….

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  4. Ritorno qui dopo tanto e trovo questo. è sempre bello leggerti così.

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occhio. ché il K ti legge. e risponde, anche.