sabato 2 maggio 2020

DEL TEMPO CHE PASSA IL TEMPO

del tempo passato sul balcone a cercare il sole del mattino, che almeno il sole prendiamocelo come beneficio di questi arresti domiciliari che non passano, non passano, non passano no questi arresti domiciliari, giorni su giorni su giorni qui, e allora il sole del mattino sul balcone a est, tra le piante che nel frattempo hanno deciso di fiorire e diventare colori e profumi, e tu con il laptop sulle ginocchia a lavorare o negli innumerevoli hangout di cui è piagato questo tempo di smartworking, che tu vorresti lavorare in verità, ma passi il tempo a parlare e parlare e parlare e intanto che parlate in riunioni infinite che la gente soffre la solitudine chiusa in casa soli a lavorare e allora riunioni su qualsiasi cagata e nelle innumerevoli riunioni in hangout il lavoro si accumula e poi ti toccano le sere, ti toccano i week end, ti toccano i festivi e i giorni di ferie che devi comunque prenderti anche se lavori quasi senza soluzione di continuità, e ti resta il sole del mattino sul terrazzino a est, ti resta a un certo punto la sera staccare e correre in tondo nel cortile dei box auto la sera una sera su due, e ogni tanto una mezza giornata che ti imponi via dal lavoro per non implodere, una mezza giornata di fine settimana per fare finta che puoi anche permetterti di non lavorare.

e dal terrazzino a est c'è un mondo diverso, c'è un mondo di cieli azzurri e giallosole, e tetti che digradano e che si aprono su prospettive ariose di tetti e tetti a scalare prospetticamente, un mondo di pollini bianchi batuffolo portati dalla brezza che si infilano ovunque in ogni angolo e sottodivano o letto della casa, e quando scollina la metà mattina inizia un mondo di odori delle cucine  degli appartamenti vicini dei condomini ad anfiteatro attorno e sembra di respirare gli odori di vecchi libri, di altri tempi, i soffritti, la carne a rosolare prima di essere arrosto, i sughi di pomodoro, quegli odori che era dall'infanzia che non respiravi, e poi c'è un mondo di voci di gente che parla al telefono su altri balconi o bambini che giocano solitari giù nei cortili o voci che dalle finestre aperte filtrano fuori dialoghi quotidiani di coniugi con decenni di convivenza e abitudini congiunte, e le voci dei due nipotini piccoli che un giorno sì e uno no la figlia ora mamma porta da sua madre ora nonna per lasciarli lì una mezza giornata (e pensi sempre al bisogno che ha la figliamamma di staccare qualche ora ogni due giorni, e pensi anche a quando questo bisogno di aver respiro dai figli si risolverà in contagio della mammanonna ormai anziana... e si vede che il concetto di lockdown non è chiaro a tutti, ma soprattutto vedi che il concetto di avere cura dei propri anziani non è proprio di tutti i figli adulti... e pensi ai tuoi di genitori che ora son due mesi che hai scelto di non vedere per non rischiare di trasmettergli nulla, e pensi alla figlia che da più di due mesi non vedi per la geografia che vi separa e che chissà per quanto ancora vi separerà). e dal terrazzino ad est c'è un mondo diverso, e c'è la vita che si infiltra nelle tue ore, e che ti sembra di tornare indietro ad altri mondi, a suoni voci odori profumi che forse davvero è da quando eri bambino che non ti erano più accaduti che credevi non esistessero più e invece era la tua vita che non li aveva, semplicemente, ma loro erano e sono stati e sono qui, tutt'intorno al mondo che abiti e che vivi tu.

del tempo che passa il tempo, in tempi di lockdown. 

8 commenti:

  1. Terribilmente in ritardo. Eppure. Una diapositiva così vera-così ricca-così sincera. Grazie :)

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  2. Terribilmente in ritardo anch'io a leggerti, ma ormai scrivo poco e giro ancor meno per blog, anche se di te mi ricordavo.
    È stato il tuo/i tuoi commenti a farmi venire la voglia di un giro qui e non per ricambiare automaticamente, come spesso accade, no: mi ha colpito quello che hai scritto sulla noia,il tuo puntare su questo tema.
    Raramente accade che un commento estrapoli un tema apparentemente collaterale dal post, il tuo lo ha fatto. Ed è una soddisfazione per chi scrive e per chi risponde (sempre io in questo caso), perché è un'idea di affaccio da un'altra finestra, non so se rendo l'idea...
    Mi piace molto questo tuo post, scorre veloce come una ripresa filmica, veloce ma non frettoloso, acchiappa vedute e odori, pensieri e insofferenze, le amalgama e le restituisce con realismo, senza pericolo di risultare mai "impersonale" o non partecipato.
    E qui, dopo tutto sto pontificare con la scusa di riallacciarmi al tema dei tuoi commenti, metto il punto.
    Ciao
    😎

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    1. @sabiK: È vero, a volte leggersi è trovare e trovarsi in un tema collaterale magari, e da lì partire per assonanze ed associazioni. E poi, a volte, c'è che le associazioni ci son già nei nomi e nelle lettere, ed allora forse è meno k/asuale questo trovare e trovarsi, forse, no? 😌

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    2. ci avevo pensato già, ma non l'ho scritto...per non fare/sembrare una donna troppo "consueta" (...altri scriverebbero romantica, buttandola subito su di un piano pregiudizialmente scontato, che davvero non mi appartiene), ma non è esattamente il termine giusto per dire quel che intendo e credo tu possa intuirlo.
      Meglio l'abbia scritta tu questa del "K comune", scansando equivoci e "significati impropri".
      Scusa per sto pippone, eh! È che in rete l'equivoco è sempre in agguato, soprattutto tra quanti di equivoci e retropensieri campano e si sostentano.
      Un sorriso, Kowalski!

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    3. @sabiK: pare tu debba autorizzare il k per poterti leggere...

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  3. Capperi!
    Ma davvero?!?
    Lo leggo solo ora, scusami!
    Ora controllo che cosa è successo, anche se ho dovuto tenere il blog chiuso per alcuni giorni per via di certe presenze moleste...sai com'è: a tanti il tempo basta e soprattutto AVANZA!

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occhio. ché il K ti legge. e risponde, anche.