tu ci hai creduto. e ti ha illuso. same old story, eggià.
per tre giorni. tre lunghi giorni. ti ha illuso per tre giorni. ed è incredibile che alla tua età tu ci caschi ancora. già. eppure è così. ci hai creduto, sì.
ci hai creduto ai cieli azzurri e alla luce tersa, ci hai creduto al sole e ai fiori nei vasi, al patapìm e al patapàm.
ma nulla è per sempre, già, nulla. e neppure le illusioni. e infatti eccoti qui, con ‘sti cieli grigi e bassi, e la pioggia che batte diagonale contro il vetro.
e non è inverno, questo, no, e se mai lo è stato quest’anno ora di certo non lo è più. ma altrettanto di certo non è ancora primavera.
ma tu sai fingere benissimo. che ci vuole? tu, fingi. vuoi pensare primavera, e così è.
fingi aspettando un disco che sta per uscire. nel frattempo, ne ascolti ossessivamente un altro uscito da poco. sapendo che entrambi saranno la colonna sonora della tua primavera duezerounoquattro.
fingi aspettando i concerti di cui compri i biglietti. nel frattempo, segni a penna sul calendario ciascuno di essi. e leggendo “marzo” e leggendo “aprile” senti l’aria che profuma in modo diverso.
fingi cliccando su “prenota”, e su “vai a pagamento”. nel frattempo, ora è fatta. è fatta, e sarà. sarà primavera sotto altri cieli, e davanti altri scenari. e ti chiedi che odore avrà la primavera, lì.
che nel frattempo, quando pensi primavera, tu, così è.