il vento. caldo. il ventocaldo. così caldo che evapora pelle e
respiro. e così vento che batte terra battuta, che sfoglia tra le foglie degli
alberi, che disegna le scanalature delle colonne e i bordi irregolari dei mucchi di pietre sparse a terra.
il ventocaldo che sfibra e sfinisce. ogni cosa. ognuna.
ciascuna. tranne una. il frinire infinito delle cicale.
non serve a nulla nemmeno raschiare il fondo del
barile di qualsivoglia reminiscenza liceale tu possa avere. ogni iscrizione è
un enigma insolubile. riesci a leggerla. ma non puoi cavarne alcun senso. nemmeno
una remota intuizione. no.
ti piace raccontarti che il problema è il tempo
passato dai tuoi anni liceali. eggià. proprio.
malgrado il caldo irrespirabile, lo fai. malgrado
la sensazione di star facendo una cosa idiota, lo fai. malgrado tu sia
costretto a fare ‘sta cosa idiota sotto qualche centinaio di sguardi, lo fai.
corri. corri tutta la lunghezza dello stadio. dalla riga di partenza. a quella del traguardo.
hai corso a olimpia. tu. uau.
sì, vabbé, sei circa 2.700 anni in ritardo. embè? perché
star qui a spaccare il capello?
colori. ne bastano tre. a fare un intero mondo. un mondo di tre colori.
l’azzurro terso e scintillante del cielo. del mare.
e delle cupole.
il bianco splendente delle case.
il nero della terra e delle rocce laviche.
bastano tre colori a disegnare atlantide. o quel che ne resta. e che chiamano santorini.
rodi è un solo colore, invece. uno solo. il grigio. il grigio della
pietra con cui è costruita la città fortificata medievale. cristiana. la rocca, le mura, il palazzo, la cattedrale. e poi, le moschee a ricordare i secoli musulmani. che in grecia
nulla è stabile, tutto muta e fluisce. sempre.
grigio anche qui. grigio della pietra che
fortifica, che arrocca. e che costruisce e si abita, anche. e il rosso dei tetti a ricoprire tutto il grigio. è così che la città fortificata è grigia e rossa e protesa sul blu del mare.
l’isola che chiude l’orizzonte, una memoria di marai.
c'è venezia in ogni architettura, qui. la memoria dei secoli nei quali era detta ragusa. oggi si pronuncia dubrovnik.
e sembra così lontana la guerra, ora. che era solo vent’anni fa. la guerra di cui non ci eravamo nemmeno accorti, da qui, noi.
(percorrere la geografia, qualsiasi geografia del
bacino del mediterraneo, ti dà sempre questa sensazione dell’intrecciarsi della
storia, o meglio delle storie. e delle genti. e ti lascia sempre con la domanda
di cosa definisca realmente l’identità. qualsiasi identità. anche oggi. anche la tua.)