giorni al sole su panchine scintillanti d'azzurro e di luce, con lo sfondo del rumore di passi sulla ghiaia del continuo andirivieni di persone, da sole, a gruppi, spesso a coppie, il fruscìo delle ruote dei passeggini o delle biciclette che pedalano oltre, e invece sulle panchine coppie abbracciate a dirsi le parole che si dicono le coppie abbracciate sulle panchine, oppure single ciascuno con il proprio libro, e con quell'aria come se aspettassero qualcosa che sta per accadere, mentre sul perimetro esterno i passaggi rapidi di chi corre con falcate sempre più strascicate ad ogni giro del perimetro esterno, e nel prato interno, invece, le corse dei cani, scatti immediati e sterzate improvvise in inseguimenti e fughe, e l’aria è trasparente e luminosa, e la tua personale colonna sonora nell’i-pod e la ragazza hai i capelli legati e un profilo che vorresti disegnare con il dito e non capisci il colore dei suoi occhi e no, non puoi dirlo da qui, il colore dei suoi occhi, ed è una promessa essere al sole su panchine scintillanti nell’aria trasparente e luminosa d’azzurro e di sole, una promessa, già, cos'altro è se non la promessa della vita che ricomincia dopo ogni inverno. dopo qualsiasi inverno. e di una nuova estate che sta per arrivare. cos'altro sono se non una promessa, i giorni scintillanti così?
e poi, alla fine, in fondo, è questo: guardare scorrere i giorni di primavera su panchine scintillanti di sole, osservando la gente che scorre davanti ai tuoi occhi. è così, alla fine. e in fondo, è questo: essere puro spettatore.
e forse questa solitudine
è l'autobiografia di uno spettatore che
non sa far altro che guardare gli altri
ma non sa scrivere nient'altro che di sé
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