"posso resistere a tutto, tranne che a leggere kovalski" oscar wilde
lunedì 31 dicembre 2012
sabato 29 dicembre 2012
KOVALSKI vs ZE' NIUS
la domanda vera è una sola, in realtà:
ma una a cui riconosco diritto a centomila euro al giorno, tre milioni di euro al mese, trentaseivirgolacinque (36,5!) milioni (.000.000!) di euro all'anno (ogni! singolo! anno!) di ALIMENTI... questa qui, ma quanto cazzo mangia, esattamente?
o il giudice che ha stabilito la cifra era strafatto di crack, o questa ha veramente un enorme problema.
L'ETERNO RITORNO DELL'IDENTICO
che ci sono le cose che non passano mai e che non hanno età. quelle cose che si ripetono sempre, attraverso il tempo. e gli anni. e le stagioni.
tipo, d'inverno, le piste di pattinaggio su ghiaccio.
e guardare chi pattina, che dopo un po' diventa perdersi in una sorta di loop visuale. e sorridere vedendo le tecniche di corteggiamento tra gli adolescenti degli anni '10.
sorridi per quel senso di deja vu di vedere le stesse tecniche di corteggiamento di quand'eri tu, l'adolescente.
e sorridi per quel senso di deja vu di vedere le stesse tecniche di corteggiamento che usate ancora oggi, uguali uguali. solo siete meno buffi. e purtroppo meno ingenui.
martedì 25 dicembre 2012
GOOD TRADITIONS
babbo natale non esiste.
natale invece sì.
e arriva tutti gli anni.
certi anni di più. altri anni di meno, però.
domenica 23 dicembre 2012
ROBE DEL K
che a volte sei profetico, k. proprio profetiKo, tuo malgrado. omnia mutantur, si diceva.
ecco, appunto.
PERCHE' LUNGO E' MEGLIO CHE CORTO
ché la vita è anti intuitiva. inattesa. e ha vie misteriose, anche.
tipo, che i giorni hanno ricominciato ad allungarsi. poco a poco, giorno per giorno, una cinquantina di secondi al giorno, ma hanno ricominciato. ancora una volta.
anche se non puoi accorgertene. per ora.
sabato 22 dicembre 2012
ROBE DEL K
e 3!
omnia mutantur, nihil interit.
e non si torna indietro mai.
DETTO DA A.d.B.
uno dei lati ironici dell'amore è che siamo seduttori molto più convincenti quando l'oggetto delle nostre attenzioni non ci attrae poi così tanto: l'intensità del desiderio, invece, soffoca in noi disinvoltura e spontaneità; l'attrazione provoca in noi un senso di inferiorità nel confronto con la perfezione che abbiamo attribuito all'essere amato.
venerdì 21 dicembre 2012
IL KOVALSKI GLI MENA ANCHE AI MAYA
21.12.12
e il k è ancora qui.
i maya, no.
giovedì 20 dicembre 2012
NATALISMI
anche quest'anno hai ritirato il pacco di natale dell'azienda.
anche quest'anno il nome non è casuale.
mercoledì 19 dicembre 2012
KOVALSKI vs ZE ARCHISTAR
splendidi gli hotel di design. splendidi. i colori a contrasto, la giustapposizione dei materiali, gli spazi inattesi, le forme inconsuete. talmente inconsuete, le forme, negli hotel di design che rischi di scambiare il lavabo per un orinatoio.
e non è bella la faccia del collega che entra in bagno subito dietro di te.
domenica 16 dicembre 2012
KOVALSKI vs ZE BLOGGHERZ
un blog è un blog è un blog è un blog.
è un blog.
il resto, è vita.
domenica 9 dicembre 2012
DETTO DA I.C.
se il tempo deve finire, lo si può descrivere, istante per istante, e ogni istante, a descriverlo, si dilata tanto che non se ne vede più la fine.
sabato 8 dicembre 2012
KOVALSKI vs BABBONATALE
e anche per quest'anno babbo natale te lo sei levato dai marroni. ko diretto alla prima ripresa, e via.
e esser solo al 8 dicembre e aver già finito di comprare tutti i regali di natale, non ha prezzo.
per tutto il resto c'è mastercard.
che questa invece ti è costata l'american express. ma tant'è. ché nessuna grossa performance è senza sacrificio.
venerdì 7 dicembre 2012
K RULEZ!: TRE COLORI
il bianco della neve
il nero dell'asfalto
l'arancione dei lampioni
il bianco il nero l'arancione
il bianco il nero l'arancione
il bianco il nero l'arancione
il bianco il nero l'arancione
il bianco
il nero
l'arancione
il bianco il nero l'arancione
il bianco il nero l'arancione
il bianco
il nero
l'arancione
è tutta un blog del k, la città.
domenica 2 dicembre 2012
MALADJUSTED
il mondo è un luogo senza logica né senso, senza alcuna consequenzialità, governato dagli accidenti della pura casualità.
lo capisci alla sesta ora passata a riascoltare la discografia solista del buon vecchio moz morrisey.
ché se davvero il mondo non fosse senza logica né senso, un luogo senza alcuna consequenzialità, se non fosse governato dagli accidenti della pura casualità, beh, non si capirebbe proprio com'è che non sei assolutamente gay, tu.
BUONA LA TERZA
tre gradi. minchia, tregradi!
beh, potrebbe andare peggio. tipo? tipo piovere.
ecco. appunto.
beh, potrebbe andare peggio. tipo? tipo tramontana.
ecco. appunto.
ecco, non dirlo. non pensarlo nemmeno.
DETTO DA H.M.
- [...] la solitudine diventa un acido che corrode le persone.
- io non penso di essere sola [...] sto da sola, è vero, ma non sono sola.
giovedì 29 novembre 2012
LA SECONDA. MASSIMO LA TERZA.
"aiutami a capire una cosa: diciamo che è la seconda massimo terza sera che usciamo insieme. e diciamo anche che ci provo. cosa pensi?"
"cosa penso se ci provi? tu? con me?!... che di colpo mi ti sei rincoglionito! ecco cosa penso!"
"pirlachesei! ci provo con te generica, mica te te!"
"... seconda, massimo terza sera? mmmmh.... diciamo che ti aspettavo al varco, ché lo sapevo che ci avresti provato. perché dopo la seconda uscita, massimo ma massimo terza, se non si conclude mi classifichi troppo faticosa, e molli il colpo..."
"il cliché "mi-si-vuole-fare", insomma?"
"certo. si sa, dai..."
"ok. diciamo allora che invece siamo alla terza sera, e continuo a non provarci con te. cosa pensi?"
"oh, beh, che non ti piaccio. oppure che sei gayo."
"e quindi immagino tu mi escluda dalla lista dei possibili..."
"eccerto, ma cosa vuoi che sia possibile, che tu sia gayo o che sia etero a cui non piaccio? cosa me ne faccio, a parte andarmi a fare del male?"
"ecco, appunto. adesso mi vuoi dire tu uno cosa deve fare?"
"in che senso?"
"nel senso che se per ipotesi esco con te perché mi interessa davvero conoscerti, beh, cosa faccio la seconda e la terza sera? ci provo e divento un cliché, o non ci provo e divento un gayo a cui non piaci?"
"bella questione.... però dai a ben pensarci puoi sempre paccarmi la seconda e la terza sera e uscire con me direttamente la quarta, no?"
"vaffanculova"
"sai che però non capisco?..... alla fine, qual è il problema? se ti piaccio è normale che tu abbia voglia di venire a letto con me, no?"
"no. il punto è proprio questo. se mi interessi, non ho voglia di trovarmi a letto con te così. voglio arrivarci al letto, non partire dal letto. se no, alla fine diventa solo un altro schienamento..."
"cazzo! ma siete tutti uguali.... ma lo sai che questa cosa vostra io proprio non la capisco? insomma, se ti piaccio, ma non ti interesso, mi butti giù. se invece ti interesso, non hai voglia di venire a letto con me. e però ti piaccio..."
"più o meno, sì..."
"cazzo se siete strani voi maschietti! più contorti di noi. ma molto molto più contorti!"
"boh, sarà anche contorto questo. io trovo molto più contorto che se non provo a schienarti entro la seconda massimo terza sera, all'improvviso come per magia divento gayo...."
domenica 25 novembre 2012
SMALL TALKS AT SATURDAYS' TABLES
interno giorno. a pranzo nella pizzeria della via fashion. tu, e amicam.
- ma tu, voglia di figli, niente?
- già, avrei l'età, lo so. e di certo in fondo è un impulso biologico, fare figli... la prosecuzione della specie, ché siamo programmati per quello, no? e soprattutto, credo davvero che un figlio sia un momento fondamentale nella evoluzione di una donna...
- quindi? ci state pensando?
- ... è che poi penso a un figlio. penso a me. penso a tutto quello che comporta, un figlio.... ed è lì che capisco che non è poi così importante, la prosecuzione della specie. e neanche la mia evoluzione di donna.
- e tu, di nuovo nella centrifuga della singletudine milanese?
- ma, credo di aver già dato la scorsa volta, in realtà....
- ah. non hai ripreso con la trafila uscite, serate, tipe, schienamenti, strani accrocchi...?
- non so, è che poi ti stufi, a viver sempre le stesse cose. e ho già dato, per anni. che poi sei lì che ti dici "esci, conosci, fai, disfa, dai" ma poi mi annoia più che quello che mettermi su un film.
- e quindi?
- e quindi guardo un sacco di film...
venerdì 23 novembre 2012
OBAMIKO
venerdì sera.
yes, we kend.
lunedì 19 novembre 2012
SUPERkHERO pt.2
c'era una volta in anatolia. e anche da lì il K ne uscì vincitore.
DWELLERS ON THE THRESHOLD
c'è una qualche linea di confine. già. deve esserci per forza, la linea di confine. ma tu probabilmente eri distratto da qualcosa d'altro, magari guardavi le pubblicità, oppure cercavi di ricordarti tutte le strofe di una qualche canzone di bob dylan, chissà. oppure, semplicemente, stavi chiacchierando un qualche dialogo peraltro prescindibilissimo nell'economia di un'intera vita. fatto sta che non te lo ricordi dove fosse quella linea di confine. non l'hai proprio notata. tanto meno ti ricordi di averla attraversata. semplicemente, è accaduto.
e sono state poi le piccole cose ad averti dato la percezione che eri ben al di qua del confine, ormai. quando hai realizzato che è da tempo che per strada ti capita di guardare le madri e non le figlie adolescenti. o quando vedi crescere il numero di sere che il tuo ideale di serata diventa un qualche tipo di divano sul quale spanarti, rispetto ad alternative più o meno alcooliche in locali più o meno affollati con musiche più o meno accettabili. o quando ti ritrovi in modo istintivo a modellare tutta una serie di scelte più in termini di responsabilità cui far fronte che di tua reale preferenza, si potrà ancora dire edonistica nel 2012?. o anche quando ormai è un dato di fatto che accetti come naturale che la vita sia ciò che è, e cerchi di viverla al meglio per quello che è.
e potresti continuare sul falsariga per delle ore, che le varianti sul tema sono sempre una fucina infinita. ma anche no, no?
e non è tanto il ritrovarti adulto, a stupirti. in questo c'è una normalità incontrovertibile che te lo fa apparire come il solo stato possibile. è l'esserti perso il momento di passaggio, è guardarti indietro e non riuscire a stabile un punto esatto nel tempo prima del quale c'è un "prima", e dopo il quale c'è l' "adesso eccoti qua", due momenti belli netti, definiti e differenziati. è questo che trovi curioso. come se non ci fossero gradini, ma fosse un fluire continuo ed indistinto durato circa cinque o sei anni, una roba così.
e quando poi ti rendi conto che crescendo la vita ti ha sorpassato a destra, cosa fai? ora, cosa fai, ora, adesso, tu?
resti in scia. che magari prima o poi la ripigli, la vita. chissà.
venerdì 16 novembre 2012
SMELLS LIKE.... (TEEN SPIRIT)
c'è quel discorso lì del curioso destino di proust. ché proust è sempre citato, e mai letto. (inciso uno: in questo, proust è assolutamente postmoderno. inciso due: sulla bruttezza della parola postmoderno nemmeno ti ci soffermi, ché tanto è talmente brutta in sé da non richiedere di doverlo specificare).
proust, dicevi. sempre citato proust, dicevi. per esempio, le madeleine di proust. quel discorso lì dei sapori e degli odori che ti riproiettano indietro nel tempo. i ricordi. rivivere sensazioni e momenti. patapìm e patapàm. (altro inciso: che cazzo di sapore hanno poi, ‘ste madeleine? che peraltro sono anche loro molto postmoderne, la madeleine. sempre citate, mai assaggiate. altro inciso due: postmoderno continua a essere una parola orribile, anche quando sa di biscotto.)
che qui c’è poi quell'altro discorso lì del potere evocativo degli odori. e questo prescinde dal marcello proust. è tipo una legge di natura, valida sempre e per chiunque. che il potere evocativo più forte in assoluto è quello degli odori. nulla a che vedere con l’udito. o la vista. chissà perché, poi. e questa è una curiosità che vorresti rimanesse tale: non soddisfatta. non vuoi sapere il perché funzioni così. non ti interessano lunghe spieghe sull’amigdala, o i lobi frontali o parietali, sulla memoria di breve termine e quella di lungo, su dove e come e quando e perché si innesti la percezione dell’apparato olfattivo. non vuoi la spiegazione scientifica. a te basta lo stupore di ogni volta che ti capita, e ti ritrovi proiettato all’improvviso indietro nel tempo con una vividezza traslucida e scintillante. ti basta quando arrostisci delle castagne. quando verso natale l’odore di abete in casa. quando d’estate la terra e l’erba bagnate dopo un temporale. o l'erba appena tagliata. quando camminando per strada l’odore di pane che esce da un qualche forno. quando il fohn scalda e rende trasparente il cielo d’inverno. quando il fumo di legna dei camini che senti nell’aria. quando l’odore d’acqua dolce del lago in fondo alla stradina che cammini.
le madeleine continui a non sapere che odore abbiano. tanto meno il sapore. con buona pace del postmoderno marcello. che poi magari sono anche buone. chissà.
mercoledì 14 novembre 2012
'NDO VAI, K?
e c'è che quando non hai un cazzo da fare, pensi.
e stavolta pensi che camminare contromano dev'essere un esercizio davvero difficile. ché andare nella direzione sbagliata richiede in primo luogo sapere quale sia la direzione giusta.
nientepòpòdimenoche.
domenica 11 novembre 2012
LUNGO CANALI VUOTI
il ritmo. il ritmo della pioggia. che batte. il ritmo della pioggia che batte sull'ombrello, e sull'asfalto. camminare. camminare lungo canali vuoti. camminare lungo canali vuoti e nel ritmo della pioggia. che batte. lieve. persistente. sull'ombrello. e sull'asfalto. l'asfalto liquido di pozzanghere che riflettono l'arancione dei lampioni. camminare lungo canali vuoti. nel ritmo della pioggia. lieve. persistente. camminare lungo canali vuoti parlando parole che seguono il ritmo della pioggia. che batte. sull'ombrello. e sull'asfalto. parlando parole con il braccio sopra le sue spalle. tenendosi strette le mani che è come aggrapparsi al momento. o alle parole. o alla pioggia che batte. e le pozzanghere che riflettono l'arancione dei lampioni. lungo canali vuoti. aggrappandosi alle mani strette come aggrappandosi al momento. parlando parole. respirandosi i capelli. lungo canali vuoti le pozzanghere riflettono lampioni. aggrappandosi alle mani strette. aggrappandosi alle parole. che è come avere magia e non saperla fare andare via.
"è meglio se vado..."
"sì, è meglio se vado anch'io. davvero."
ricordati le regole. ricordati le regole, tu. mai emozionarsi per una sposata, tu.
[© la crus]
mercoledì 7 novembre 2012
UNGARETTIANO K (FAKE PLASTIC TREES)
siamo inchiodati alle nostre vite. come d'autunno le foglie sugli alberi.
di plastica.
di plastica.
domenica 4 novembre 2012
GEOGRAFI.K: MILANO DA 0 A 9
milano
milano due
tre,zzano sul naviglio
quarto, oggiaro
quinto, de' stampi
sesto, san giovanni
settimo, milanese
qt8
novate, milanese
decimo, non pervenuto
per tutto il resto c'è mastercard
venerdì 2 novembre 2012
SUPERkHERO
stasera il kovalski si occupa di killer joe.
giovedì 1 novembre 2012
11112
tramonti dorati incendiano i cieli dell’ovest e i campi e gli alberi e le foglie ancora verdi e i pendii e i declivi, e il mondo risalta di
luce netta e calda, e scorrendo sull’asfalto lungo i bordi delle colline la terra che poi s’abbassa scende s'appiattisce si livella s’acquieta si fa pianura,
e gli incendi dei cieli dell’ovest si spengono nella notte che cala buio presto
e rimbocca l’orizzonte tutt’intorno a te che guidi e sei quasi a casa, ormai.
[incoming mail] io non lo so bene cosa fare. che le
scarpe sono sempre rigorosamente col tacco, ovvio, ma forse dovrei appenderle al
chiodo, ormai. e bona lè. che anziché continuare a illudermi di vicinanze
possibili dovrei accontentarmi di mordi e fuggi a distanze di sicurezza.
[reply mail] e poi? che la questione non è tanto
appenderle al chiodo, le scarpe, taccate o pianelle… è il dopo che hai appeso
le scarpe la questione, che poi? ché io son qui che cerco di capire se si possa
tirarle giù dal muro, le scarpe, ora. e, del caso, come cazzo si faccia a
staccarle… [send mail]
mercoledì 31 ottobre 2012
31
ed è già venerdì.
ariuau.
lunedì 29 ottobre 2012
1-3
ed è subito mercoledì.
uau.
domenica 28 ottobre 2012
LA RISPOSTA. SEMPLICEMENTE.
la risposta non è una
relazione. la risposta non è senza impegno e vediamo come va. la risposta non è
progettualità. la risposta non è proviamo. la risposta non è io ci credo. la
risposta non è, e tu? la riposta non è una risposta devi darmela però. la risposta
non è ho una storia. la risposta non è sto uscendo da una storia. la risposta non è ci sono ancora dentro, alla storia. la risposta non è mi serve tempo. la risposta non è non ci sono
con la testa. la risposta non è devo pensare a me stesso. la risposta non è non ci credo più. la risposta non è scelgo di crederci. la risposta non è voglio l'esclusiva. la risposta non è non pretendo l'esclusiva. la risposta non è per sempre. la risposta non è per ora così poi vediamo chissà. la risposta non è sesso per amore. la risposta non è sesso tanto per. la risposta non è una black room. la risposta non è cosa dici siamo insieme? la risposta non è la coppia. la risposta non è è una situazione complicata. la risposta non è abitiamo ancora insieme ma è finita, sai. la risposta non è ognuno fa quello che vuole. la risposta non è stanotte è per noi. la risposta non è scopamici. la
risposta non è io e te, e lei. la risposta non è, e lui? la risposta non è lo stesso letto. la
risposta non è svegliarsi insieme. la risposta non è scopiamo. la risposta non è poi si vedrà. la risposta non è l’amore. la risposta
non è qua.
la risposta è semplice. molto più semplice di così.
è la più semplice possibile. se fossimo ancora capaci di semplicità.
voglio solo limonare.
(e grazie a sorella. di esistere.)
DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D'INVERNO
allineando una domenica pomeriggio. la pioggia che batte lieve sui vetri. il rumore delle scie delle auto giù, dalla strada. la polo a maniche lunghe. il gilet di lana. una tazza di tè verde a scaldare le mani. tre biscotti sul piatto blu. il libro di murakami. la matita per sottolineare frasi qui e là. la gatta acciambellata tra i piedi. i giorni di einaudi a riempire lo spazio. allineando tutto nella tua domenica pomeriggio.
di cosa parli quando parli che arriva l'inverno, fuori. dentro, tu.
martedì 23 ottobre 2012
DONNA, DU DU
che ti chiedi dove sia esattamente il confine tra il poter ancora dire ragazza, e il dover ora dire donna.
domenica 21 ottobre 2012
LIFE ON MARS?
la città è la città che era divisa in due e ora è riunificata. no, non quella città che era divisa in due e ora è riunificata, quella che pensano tutti. no. è l’altra città che prima era divisa in due e ora è riunificata, la meno famosa delle città divise in due e ora riunificate. è quella vicina, non quella lontana.
le strade sono vuote; nessuno sotto i portici, nessuno a camminare le vie acciottolate, e sulle strade asfaltate un’auto ogni tanto, così rare che le senti arrivare da centinaia di metri, e allontanarsi lasciandoti indietro, poi. la quiete delle strade dei portici delle vie sembra domenica mattina all’alba, tipo, e non aiuta il grigio del cielo non aiuta la foschia dell’aria non aiuta ottobre. ma l’orologio ti conferma che è metà mattina, e il telefonino che è sabato.
che tu non lo sai se ci sia vita su marte. ma una cosa la sai: che qui di certo la vita non c’è.
giovedì 18 ottobre 2012
DELLA RIFORMA DEL CALENDARIO 3
ormai ne sei certo.
le tue settimane hanno troppi pochi week end.
venerdì 12 ottobre 2012
LESSON NUMBER ONE: COME TI CONQUISTO LA P
interno giorno. alla ormai nota macchinetta del ginseng. trequattro colleghi, duetre colleghe, il k, la collega p, quella che forse non dell’intero palazzo, forse, ma di certo è
la donna più bella del vostro piano, la collega p.
- non sapete cosa mi è successo ieri sera..!
- quando?
- uscendo di qui, saran state le sette
setteunquarto, al solito, che camminavo verso dove avevo parcheggiato, e vedo arrivare una
macchina che si ferma alla mia altezza e tira giù il finestrino e sento “scusi!”e io
penso che vuole un’indicazione…
-…e…
-…e mi avvicino e c’è questo qui sui 45 anche
belloccio e mi dice “mi scusi se la abbordo così ma è tanto tempo che l’ho
notata che esce dall’ufficio sempre verso questa ora. e vorrei conoscerla. e
volevo chiederle se le va di andare a prendere un caffè insieme. magari adesso.
o quando vuole lei”…
- e tu?
- beh, gli ho detto “senta, anzitutto lei è contromano…”
- nuooooo!!
- non.ci.credo!
- non.ci.credo!
- ?!?!
- … “e comunque, non mi sembra proprio il caso di
bere niente insieme, neh”. e me ne sono andata, che pensa te se uno mi deve
abbordare così...
- ma tu non sei umana, lo sai vero? ma ti rendi conto che questo poveraccio è
ancora lì a dar testate sul volante? o quello, oppure si è già iscritto al
prossimo gay pride…
- esagerato! per un no?
- esagerato io?!?!?!? ma mettiti nei suoi panni: questo erano
sere e sere che aspettava di vederti comparire sul marciapiede. e quando ti
vedeva “adesso vado e glielo chiedo. le dico, lo vuole un caffè?”… nooo troppo
diretto"… "le dico “ma come è bella”… nooo poi si spaventa"…. e intanto tu eri
passata, sera dopo sera uguale… lui che fa le prove di tutte le frasi possibili
e tutte le tue possibili risposte, e cosa ribatterti, e così via, e non trovava
il coraggio… e poi dopo tipo un mese che tutte le sere questo si è fatto dalle sette alle settemezzo tutti gli scenari possibili, tutte le prove mentali di botta e risposta, finalmente dopo un mese trova il coraggio, si
dice “vai vai vai dai che ce la fai dai che ce la fai” e si convince, ti vede, arriva, tira giù il finestrino, ti
parla… e tu “lei è contromano!”… cazzo, un mese di preparativi dritti nel cesso! "contromano?! contromano?!? nuooo e chi l'aveva previsto contromano!!!"
quello sta dando testate al volante da 18 ore. o è ormai gay. sempre se non si è già suicidato. poveretto.
quello sta dando testate al volante da 18 ore. o è ormai gay. sempre se non si è già suicidato. poveretto.
mercoledì 10 ottobre 2012
REALITY
pensa se proiettandolo da piccoli, tipo, chessò, alle medie, funzionasse come vaccino, k...
lunedì 8 ottobre 2012
NIGHTBOOK
a volte vivi così velocemente (fum-fum-fum) -anche
senza far poi niente- che le cose si conficcan come schegge dritte dentro le
quotidianità, e le schegge delle cose che si conficcano dentro le quotidianità restano
poi lì, conficcate nei muri e lungo i bordi. questo finché non è sera, poi, e
respiri autunno e chiudi la felpa fino al collo e metti su una musica di
sfondo, qualcosa che ondeggi e che bordeggi, un einaudi d’un qualche tipo, una
cosa così, finché, finché non apri una bottiglia di barbaresco che aspettava lì
da qualche anno, finché non lo versi nel bicchiere al suono d’un piano liquido,
finché non prendi il bicchiere e ti sposti dalla cucina e attraversi la sala e ti
siedi sul pavimento del terrazzo, e guardi su, guardi le scie degli aerei
disegnare linee bianche nel buio del cielo. ed è allora, è in questo momento, è
proprio adesso che prendi le schegge tra le dita, una ad una, e tra le dita le
tiri fuori dalla parete, le guardi, le giri, le rigiri, e ne capisci forma,
colore e consistenza. e via una e via un’altra. ed è così che rimetti in ordine
le piccole cose che son schegge conficcate dentro le tue quotidianità. anche
quando non son niente. forse. chissà.
giovedì 4 ottobre 2012
"...'COS I'VE RUN EVERY RED LIGHT ON MEMORY LANE..." (o, TEENAGE WILDLIFE)
and girl it looks so pretty to me like it always did,
like the spanish cities to me when we were kids e non erano città
spagnole, non per te, non per voi, per voi non erano spagnole, le vostre città,
e non lo sono state mai.
eravate adolescenti in vie austriache, e che camminavano lenti attraverso un cimitero ricoperto d'erba. dalla vetrina si vedeva l'abside della cattedrale, la pioggia cadeva fine, e bevevate caffè bollente, stringendo le mani attorno alle tazze, per scaldarvele. nei piatti briciole scure di sachertorte, e gli aloni lasciati dai cucchiaini.
nelle strade di città tedesche era una domenica deserta, nessun in giro, saracinesche abbassate ovunque, una domenica deserta come se il mondo si fosse fermato e il genere umano fosse scomparso, silenziosamente, senza alcun clamore, svanito nel nulla tutto il genere umano, lasciandosi dietro solo le architetture dei palazzi e la meccanica delle automobili parcheggiate come unica traccia di sé.
c'era uno scompartimento buio, ed era solo per voi due, quello scompartimento nel treno che attraversava veloce la notte e i campi di francia, in starlight nights i saw you, so cruelly you kissed me, your lips a magic world, your sky all hung with jewels. the killing moon, will come too soon. Il buio dello scompartimento e un "vorrei poterti dire la stessa cosa" che è più assassino della luna. fuori il paesaggio oscuro che scorre veloce, dentro intrecciare corpi, sfiorando sensazioni.
erano i canali di amsterdam, e correre correre correre a perdifiato, correre per arrivare alla stanza, quella stanza in cima alle scale ripide e strette, così ripide che in cima ci arrivavate col fiatone, la stanza minuscola e con il soffitto altissimo, minuscola intorno a un enorme letto sfatto, bianca talmente bianca la stanza che il mattino dopo strizzerete gli occhi per poterla guardare attraverso l’esplosione del sole, e ora ridere, ridere nella notte cercando le cartine e sbriciolando tabacco, la fiammella dentro il palmo della mano. al risveglio, il mattino dopo, sorridere, con la luce attraverso la vetrata che disegnava i vostri corpi tra le lenzuola bianche. e strizzare gli occhi per riuscire a vedere, nel bianco di questa stanza sospesa sui tetti di amsterdam.
era pedalare cazzafrulli lungo i canali nella luce tersa dell'estate del nord, uno scarto improvviso e un groviglio di ruote e bici, e ritrovarsi per terra a ridere della geometria di due biciclette perfettamente impilate.
era il fermo immagine di due adolescenti sotto cieli belgi, e quelle nuvole veloci che attraversano i cieli del belgio, talmente veloci che solo magritte riesce a fermarle.
eravate fermi sulla collina a guardare l’oceano, e quel tramonto stinto alle 10 di sera in terra di normandia. la stagione è indefinibile, com'è il momento in cui ti accorgi che stai guardando un'estate morire.
eravate treni, strade e stanze, e pullman e metrò presi al volo, adolescenti sotto cieli e stelle di mezza europa.
è la tua voce quella che dice “sai che così mi costringerai a ricordarmi di questo lampione per tutta la vita? questo lampione. proprio questo. ma ti sembra giusto essere costretto a ricordarmi per tutta la vita un lampione così?”, e lei che ridendo dice qualcosa tipo “ma va che te lo dimenticherai”, e invece eccoti qua a pensare a un lampione di parigi, a lei che ti dice qualcosa mentre ci passate accanto, e al tuo “anch’io” soprappensiero e poi subito dopo la consapevolezza improvvisa e allora è un gesto un attimo quando con la mano fai perno sul lampione e gli ruoti intorno e le arrivi davanti e le dici “scusa?! cos’hai detto?!”.
e poi, e poi, passare attraverso campi verdi infiniti attraversando la cecoslovacchia, quando esisteva ancora un cecoslovacchia da attraversare, e camminare gli infiniti grigi di varsavia, e poi eccovi lungo i canali e le vetrine di danzica sentendosi in un'olanda minore.
eravate i cieli blu dell’italia del sud e il bianco delle case di calce, e il sapore del sale sulla sua pelle nella stanza senza imposte e senza mobili senza nulla con solo un materasso per terra e her body tan and wet down at the reservoir, at night on them banks i’d lie awake, and pull her close just to feel each breath she’d take.
e c'erano i giorni spesi sui banchi nelle mattine infinite di ore che non passano mai, e c'erano gli autobus al ritorno e poi, e già, poi, sul portone non c’è più lei, forse ho sognato, forse tutto si è già fermato, e si è fermato quando c'erano i pomeriggi di libri da sottolineare con il sole che si abbassa dietro i vetri, e bigiare in giorni qualunque per scivolare in un letto ancora caldo del suo sonno e sulla sua pelle, e le sere d’inverno in vie di lampioni a parlare con la condensa avvolta come fumetti intorno alle parole o a coprire il mondo al di là dei finestrini, e c'erano le notti d’estate camminando strade vuote o in letti senza lenzuola, e aspettare partenze che stavano per arrivare, e i remember we were driving, driving in your car, the speed so fast i felt like i was drunk, city lights lay out before us, and your arm felt nice wrapped ‘round my shoulder, and i had a feeling that i belonged, and i had a feeling i could be someone, be someone, be someone e c'erano strade e c'erano stanze, e c'era una strada sterrata in mezzo ai campi del granturco ormai giallo d'un'estate che stava morendo, e la sua pelle sulla tua e respirare unisoni e you know i’d sooner forget, but i remember those nights when life was just a bet on the race between the lights. you had your head on my shoulder, you had your hand in my hair, now you act a little colder like you don’t seem to care, già, è esattamente così, è che sembra non importare davvero più, ormai, ché gli anni passano e gli anni trapassano, e gli incontri diventano sempre più casuali e sempre meno frequenti, poi, ed è meglio così, ti dici, sì, è molto meglio così, perché quando gli anni passano e gli anni trapassano gli adolescenti svaniscono, man mano svaniscono finché non li riconosci neanche più quando li incontri, quei due adolescenti che non ci sono più, nascosti sotto i vestiti e le facce degli adulti che sono diventati.
ed è proprio così, sembra davvero non importare più, ormai.
e sì, forse è davvero meglio così.
and girl it looks so pretty to me like it always did, like the spanish cities to me when we were kids anche se non erano città spagnole, non per voi, per voi le vostre città spagnole non lo sono state mai, e quei due adolescenti è già tanto che non ci sono più, è così tanto ormai. eppure girl it looks so pretty to me. like it always did.
… now all them things that seemed so important, well, mister, they vanished right into the air.
[© dire straits; echo & the bunnymen; bruce springsteen; roberto vecchioni; tracy chapman]
eravate adolescenti in vie austriache, e che camminavano lenti attraverso un cimitero ricoperto d'erba. dalla vetrina si vedeva l'abside della cattedrale, la pioggia cadeva fine, e bevevate caffè bollente, stringendo le mani attorno alle tazze, per scaldarvele. nei piatti briciole scure di sachertorte, e gli aloni lasciati dai cucchiaini.
nelle strade di città tedesche era una domenica deserta, nessun in giro, saracinesche abbassate ovunque, una domenica deserta come se il mondo si fosse fermato e il genere umano fosse scomparso, silenziosamente, senza alcun clamore, svanito nel nulla tutto il genere umano, lasciandosi dietro solo le architetture dei palazzi e la meccanica delle automobili parcheggiate come unica traccia di sé.
c'era uno scompartimento buio, ed era solo per voi due, quello scompartimento nel treno che attraversava veloce la notte e i campi di francia, in starlight nights i saw you, so cruelly you kissed me, your lips a magic world, your sky all hung with jewels. the killing moon, will come too soon. Il buio dello scompartimento e un "vorrei poterti dire la stessa cosa" che è più assassino della luna. fuori il paesaggio oscuro che scorre veloce, dentro intrecciare corpi, sfiorando sensazioni.
erano i canali di amsterdam, e correre correre correre a perdifiato, correre per arrivare alla stanza, quella stanza in cima alle scale ripide e strette, così ripide che in cima ci arrivavate col fiatone, la stanza minuscola e con il soffitto altissimo, minuscola intorno a un enorme letto sfatto, bianca talmente bianca la stanza che il mattino dopo strizzerete gli occhi per poterla guardare attraverso l’esplosione del sole, e ora ridere, ridere nella notte cercando le cartine e sbriciolando tabacco, la fiammella dentro il palmo della mano. al risveglio, il mattino dopo, sorridere, con la luce attraverso la vetrata che disegnava i vostri corpi tra le lenzuola bianche. e strizzare gli occhi per riuscire a vedere, nel bianco di questa stanza sospesa sui tetti di amsterdam.
era pedalare cazzafrulli lungo i canali nella luce tersa dell'estate del nord, uno scarto improvviso e un groviglio di ruote e bici, e ritrovarsi per terra a ridere della geometria di due biciclette perfettamente impilate.
era il fermo immagine di due adolescenti sotto cieli belgi, e quelle nuvole veloci che attraversano i cieli del belgio, talmente veloci che solo magritte riesce a fermarle.
eravate fermi sulla collina a guardare l’oceano, e quel tramonto stinto alle 10 di sera in terra di normandia. la stagione è indefinibile, com'è il momento in cui ti accorgi che stai guardando un'estate morire.
eravate treni, strade e stanze, e pullman e metrò presi al volo, adolescenti sotto cieli e stelle di mezza europa.
è la tua voce quella che dice “sai che così mi costringerai a ricordarmi di questo lampione per tutta la vita? questo lampione. proprio questo. ma ti sembra giusto essere costretto a ricordarmi per tutta la vita un lampione così?”, e lei che ridendo dice qualcosa tipo “ma va che te lo dimenticherai”, e invece eccoti qua a pensare a un lampione di parigi, a lei che ti dice qualcosa mentre ci passate accanto, e al tuo “anch’io” soprappensiero e poi subito dopo la consapevolezza improvvisa e allora è un gesto un attimo quando con la mano fai perno sul lampione e gli ruoti intorno e le arrivi davanti e le dici “scusa?! cos’hai detto?!”.
e poi, e poi, passare attraverso campi verdi infiniti attraversando la cecoslovacchia, quando esisteva ancora un cecoslovacchia da attraversare, e camminare gli infiniti grigi di varsavia, e poi eccovi lungo i canali e le vetrine di danzica sentendosi in un'olanda minore.
eravate i cieli blu dell’italia del sud e il bianco delle case di calce, e il sapore del sale sulla sua pelle nella stanza senza imposte e senza mobili senza nulla con solo un materasso per terra e her body tan and wet down at the reservoir, at night on them banks i’d lie awake, and pull her close just to feel each breath she’d take.
e c'erano i giorni spesi sui banchi nelle mattine infinite di ore che non passano mai, e c'erano gli autobus al ritorno e poi, e già, poi, sul portone non c’è più lei, forse ho sognato, forse tutto si è già fermato, e si è fermato quando c'erano i pomeriggi di libri da sottolineare con il sole che si abbassa dietro i vetri, e bigiare in giorni qualunque per scivolare in un letto ancora caldo del suo sonno e sulla sua pelle, e le sere d’inverno in vie di lampioni a parlare con la condensa avvolta come fumetti intorno alle parole o a coprire il mondo al di là dei finestrini, e c'erano le notti d’estate camminando strade vuote o in letti senza lenzuola, e aspettare partenze che stavano per arrivare, e i remember we were driving, driving in your car, the speed so fast i felt like i was drunk, city lights lay out before us, and your arm felt nice wrapped ‘round my shoulder, and i had a feeling that i belonged, and i had a feeling i could be someone, be someone, be someone e c'erano strade e c'erano stanze, e c'era una strada sterrata in mezzo ai campi del granturco ormai giallo d'un'estate che stava morendo, e la sua pelle sulla tua e respirare unisoni e you know i’d sooner forget, but i remember those nights when life was just a bet on the race between the lights. you had your head on my shoulder, you had your hand in my hair, now you act a little colder like you don’t seem to care, già, è esattamente così, è che sembra non importare davvero più, ormai, ché gli anni passano e gli anni trapassano, e gli incontri diventano sempre più casuali e sempre meno frequenti, poi, ed è meglio così, ti dici, sì, è molto meglio così, perché quando gli anni passano e gli anni trapassano gli adolescenti svaniscono, man mano svaniscono finché non li riconosci neanche più quando li incontri, quei due adolescenti che non ci sono più, nascosti sotto i vestiti e le facce degli adulti che sono diventati.
ed è proprio così, sembra davvero non importare più, ormai.
e sì, forse è davvero meglio così.
and girl it looks so pretty to me like it always did, like the spanish cities to me when we were kids anche se non erano città spagnole, non per voi, per voi le vostre città spagnole non lo sono state mai, e quei due adolescenti è già tanto che non ci sono più, è così tanto ormai. eppure girl it looks so pretty to me. like it always did.
… now all them things that seemed so important, well, mister, they vanished right into the air.
[© dire straits; echo & the bunnymen; bruce springsteen; roberto vecchioni; tracy chapman]
domenica 30 settembre 2012
TEN YEARS BEFORE
ti ho vista tra dieci anni.
stamattina, fuori dal grill, guardavi dal piazzale verso l’ingresso mentre io scendevo dall’auto. non me l'aspettavo, di trovare te. e poi, lì. eri tu. di schiena a pochi metri da me. i tuoi jeans aderenti gli stivali bassi le gambe magre il tuo culo perfetto, eri tu. forse hai cambiato taglio dall’ultima volta, questo sì, sembra diverso… sempre i tuoi capelli neri corti, certo, ma non li ricordavo scalati così sulla nuca. stai bene, davvero.
stamattina, fuori dal grill, guardavi dal piazzale verso l’ingresso mentre io scendevo dall’auto. non me l'aspettavo, di trovare te. e poi, lì. eri tu. di schiena a pochi metri da me. i tuoi jeans aderenti gli stivali bassi le gambe magre il tuo culo perfetto, eri tu. forse hai cambiato taglio dall’ultima volta, questo sì, sembra diverso… sempre i tuoi capelli neri corti, certo, ma non li ricordavo scalati così sulla nuca. stai bene, davvero.
ti ho vista tra dieci anni.
stamattina, fuori dal grill, guardavi dal piazzale verso l’ingresso mentre io ti camminavo a fianco, e tu ti stavi infilando un giubbotto di pelle, attillato come sempre i tuoi. ed è bello anche il carrè, del tuo nuovo taglio. eri tu. anche con i segni del tempo che non ti conoscevo ancora, sul volto e attorno agli occhi, le linee nette sulla pelle. eri tu. anche mentre notavo il tricipite posteriore del braccio ormai ceduto, mentre ti infilavi il giubbotto, e neanche questo lo conoscevo ancora, di te.
stamattina, fuori dal grill, guardavi dal piazzale verso l’ingresso mentre io ti camminavo a fianco, e tu ti stavi infilando un giubbotto di pelle, attillato come sempre i tuoi. ed è bello anche il carrè, del tuo nuovo taglio. eri tu. anche con i segni del tempo che non ti conoscevo ancora, sul volto e attorno agli occhi, le linee nette sulla pelle. eri tu. anche mentre notavo il tricipite posteriore del braccio ormai ceduto, mentre ti infilavi il giubbotto, e neanche questo lo conoscevo ancora, di te.
ti ho vista tra dieci anni.
stamattina, fuori dal grill, nel rumore dei tir e delle auto che scorrevano da e verso l’austria e la slovenia. nella luce pallida e piatta del sole quando il cielo è indeciso tra nuvolo e sereno. eri tu, stamattina, mentre ti guardavo. mentre ti camminavo di fianco. e oltre. stamattina.
stamattina, fuori dal grill, nel rumore dei tir e delle auto che scorrevano da e verso l’austria e la slovenia. nella luce pallida e piatta del sole quando il cielo è indeciso tra nuvolo e sereno. eri tu, stamattina, mentre ti guardavo. mentre ti camminavo di fianco. e oltre. stamattina.
e sei bella davvero, tra dieci anni, lo sai?
venerdì 28 settembre 2012
OPEN LEGS
interno giorno. alla macchinetta del ginseng (che come si sa oltre al caffé fa pure il ginseng, la macchinetta...)
- ehi K, com'è la nuova responsabile della XYZ?
- mmmm.... una donna molto dolce, direi.
- davvero?! dolce?!? avevo sentito tutt'altro...
- sì, dolce. talmente dolce che scommetto che il suo ideale romantico è una gang bang.
taggato
appunti per il dialoghista,
vita d'azienda
mercoledì 26 settembre 2012
OPEN MIND
interno giorno. alla macchinetta del ginseng (che ora oltre al caffé fa pure il ginseng, la macchinetta...)
- ma io sono apertissimo ad ascoltare il contributo di tutti. loro, e tutte le loro idee del cazzo...
taggato
appunti per il dialoghista,
vita d'azienda
venerdì 21 settembre 2012
RIMINIRIMINI (amarcord)
le ultime due volte che sei stato qui era autunno inoltrato, e un vento grigio che batteva onde sull'arenile deserto. canticchiavi tra te e te "in the seaside town / that they forgot to bomb / come, come, come nuclear bomb". e ci son le volte che il moz è la sola possibilità di dire le cose come stanno.
quest'anno invece è inizio autunno, e appoggiato con i gomiti sulla balaustra della terrazza della tua camera d'albergo guardi giù, e li vedi ripiegare le ultime sdraio e annodare gli ultimi ombrelloni. una a una. e uno a uno. mentre il sole tramonta alle tue spalle.
(ora, la questione che questa cittadina sia girata al contrario -ché sarà mica dritto un posto dove il sole tramonta dietro la terraferma e non nel mare ti pare?- questa questione qui te la tieni per un altro post, prima o poi).
le ultime due volte che sei stato qui era autunno inoltrato e grigio e desertico, insomma, e di una noia che chiedeva bombe a ripianare il tutto.
stavolta invece è sole e tepore e azzurro e una fine stagione balneare che parla con un marcato accento russo.
stavolta invece è sole e tepore e azzurro e una fine stagione balneare che parla con un marcato accento russo.
(ora, la questione che camminando questa cittadina la lingua che senti parlare nella maggior parte dei casi sia russo, questa questione qui te la tieni per un altro ulteriore post, anch'esso prima o poi).
la penultima volta che sei stato qui ricordi che camminavi queste stesse strade parlando al telefono, ed era un bel parlare, ed era un parlarsi d'amore, seppure si stesse spegnendo autunnale e grigio e desertico anch'esso.
ora che sei qui, e cammini ancora le stesse strade, fai due conti e realizzi che è così tanto che non parli più parole d'amore, tu.
ti chiedi se sia triste, questo.
ti chiedi se sia triste, questo.
o se sia triste che a te non sembri triste, questo.
e non vale a pareggiare il conto la cameriera che poi, più tardi, a cena, continua a sorriderti. o che cerca ad ogni passaggio di sbirciare il titolo del libro appoggiato lì sul tavolo. come fosse una sorta di gioco tra voi.
e non vale a pareggiare il conto la cameriera che poi, più tardi, a cena, continua a sorriderti. o che cerca ad ogni passaggio di sbirciare il titolo del libro appoggiato lì sul tavolo. come fosse una sorta di gioco tra voi.
[© morrisey]
taggato
it's a single single life,
soft places
domenica 16 settembre 2012
SEPTEMBER('s here again)
settembre è di nuovo qui con i suoi giorni. e i giorni di settembre sono il sole che scintilla di cieli tersi e risplende di vento teso, sono l'aria che sa di buono, che sa di terra e foglie. i giorni di settembre sono la mitezza di un'estate in minore, e per questo migliore.
i giorni di settembre sono la vita come dovrebbe sempre essere, ti dici. scintillante. e che profuma di buono.
lassù in alto il sole risplende. il suono di risate. uccelli che si gettano in picchiata giù dalle croci di vecchie chiese grigie. diciamo di essere innamorati, e intanto, di nascosto, speriamo che piova, bevendo coca a piccoli sorsi, e giocando.
settembre è di nuovo qui.
[© david sylvian]
martedì 11 settembre 2012
IL TRENO DEI DESIDERI
il bollettino meteo dalla radio parla di un fronte di bassa pressione in discesa dalle coste atlantiche attraverso europa, con le sue nubi e i suoi temporali, avvisandoti che questa sarà l’ultima sera dell’estate 2012. decidi di uscire prima dall’ufficio, decidi che vuoi camminare sotto il sole dell’ultima sera d’estate. così, perché puoi, e il privilegio ha senso solo se lo si può esercitare, se no è pura teoria. e perché niente vada sprecato. nemmeno una sera a camminare vie sotto il sole. prima che arrivi inverno.
non sono nemmeno due settimane che l’una è passata a ritirare le sue ultime cose. ti sembrava di più, ma no, son poco più di due settimane da quel giorno lì.
fai il conto poco dopo aver finito di leggere la mail di quella precedente. quella con cui uscivi quella strana estate prima di conoscere quell’una di due settimane. una mail in cui torna a farsi viva dopo un annetto, così, e ti saluta, ti chiede come stai, ti racconta le sue vacanze, belle bellissime, e casualmente ti scrive che a fine vacanza si è sfidanzata. e olè.
è che c’è qualcosa di strano, nel fluire del tempo di quest’estate che sta finendo proprio stasera. prima la più recente. ora, quella subito precedente. c’è questo strano orologio che gira al contrario. e le persone del passato ricompaiono a ritroso.
ed è strano, questo fluire delle persone del tuo passato l’altra dopo l’una. e poi c'è anche il tempo che va normale, che nel frattempo ce ne sono altre, di parole, con persone che non sono state mai.
è che ci sono le volte. le volte quelle volte che accadono da sé. le volte che non te l’aspetti, che tu sei lì che vivi un momento qualsiasi di una giornata qualunque, e loro ti piombano addosso, e cambiano la visuale e la prospettiva, che fino a un attimo prima eri lì, immerso pienamente nell'attimo presente del luogo esatto, e un attimo dopo sei lì che sei perso nei pensieri dentro alle vite che non hai. non puoi farci nulla, se ci sono le volte che non conta ciò che realmente sei, o quello che davvero hai, non puoi farci nulla, se ci sono quelle volte che pensi alle vite che non hai, e a quello che non sei. è che capitano da sé, le volte così. non sei tu che le cerchi, sono loro che ti cadono addosso, le vite che non hai. perciò io maledico il modo in cui sono fatto / il mio modo di morire sano e salvo dove m'attacco / il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia / quello che non c'è […] meraviglioso come a volte ciò che sembra non è / fottendosi da sé, fottendomi da me / per quello che non c'è.
e in qualche modo il tempo curva, così, nel giorno che è l’ultima sera d’estate. e il treno dei desideri nei miei pensieri all'incontrario va. e il contrario di a ritroso non può essere che in avanti, verso altre possibilità, possibili o improbabili chissà. non sai. non puoi saperlo. finché non accade.
e forse la sola cosa da fare, è che niente vada sprecato. nemmeno una sera a camminare vie sotto il sole. prima che arrivi inverno.
[© afterhours, paolo conte]
taggato
it's a single single life,
robe di k
giovedì 6 settembre 2012
HOBBY & SPORT (o, l'estate sta finendo)
pingping [incoming mail]
“ohi balordi!
eccoci a fine estate: welcome back to hell a tutti!
che ne dite aperitivo alle 19.30 al XXXXX a guardare le milf che sono appena tornate dal mare tutte con l'abbronzatura e l'abitino…?
dai che
è l’ultima possibilità, che poi c'è l’autunno di milano.”
l'estate sta finendo. è vero. ma chi se ne frega.
che da oggi hai un nuovo hobby, tu.
si chiama milf watching.
che da oggi hai un nuovo hobby, tu.
si chiama milf watching.
domenica 2 settembre 2012
IL 25esimo KOVALSKI
sì, vaffanculo...
vaffanculo io? vacci tu! tu e tutta questa merda di città e chi ci
abita!
in culo agli zingari che usano i bambini per chiedermi l’elemosina e
appena mi allontano mi lanciano maledizioni alle spalle, e poi vengono a
svaligiarmi la casa.
in culo ai lavavetri maghrebini che ogni mattina mi sporcano il vetro
pulito della macchina.
in culo ai rumeni e agli slavi che vanno per le strade a palla con le
loro auto decrepite… puzzano di gulash da tutti i pori: mi mandano in paranoia
le narici… e rallentate, cazzo!
in culo ai ragazzi di via sammartini, con il torace depilato e i
bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei tuoi parchi e te lo
sbattono in faccia su gay tv.
in culo ai bottegai cinesi di via sarpi, con le loro piramidi di vestiti
importati e con le loro scarpe di plastica: sono qui da 10 anni e non sanno ancora
mettere due parole insieme!
in culo ai russi del lato est della stazione centrale, mafiosi e
violenti, seduti nei bar a sorseggiare il loro thé con una zolletta di zucchero
tra i denti; rubano, imbrogliano e cospirano… tornatevene da dove cazzo siete
venuti!
in culo anche ai centrafricani del lato ovest della stazione, che
vendono eroina e fanno i papponi delle loro donne!
in culo agli ebrei ortodossi, che vanno su e giù per via bixio nei loro
soprabiti imbiancati di forfora a vendere diamanti sporchi del sangue
dell’uganda.
in culo agli agenti di borsa di piazza affari, che pensano di essere i
padroni dell’universo; quei figli di puttana si sentono come michael douglas/gordon
gekko e pensano a nuovi modi per derubare la povera gente che lavora. in culo al
fondo monetario internazionale, ai derivati, allo spread, alle banche d’affari
e alle agenzie di rating!
in culo agli albanesi: venti in una macchina, e fanno crescere le spese
della sanità pubblica. e non fatemi parlare di quei segaioli dei kossovari: al
loro confronto gli albanesi sono proprio dei fenomeni.
in culo ai calabresi di rozzano con i loro capelli ingellati, le loro
tute di nylon, le loro medagliette della madonna, che lucidano le loro auto
assettate da rally, sperando in un’audizione per il grande fratello.
in culo alle sciure del quadrilatero della moda, con i loro foulard di
hermès e i loro carciofi di peck da 50 euro l’etto, con le loro facce pompate
di silicone e truccate, laccate e liftate… non riuscite a ingannare nessuno,
vecchie befane!
in culo ai siciliani di quarto oggiaro: non passano mai, non stanno in
difesa, fanno tre falli ogni azione, poi si girano e danno la colpa alla lega e
alla mafia. l’unità d’italia c’è da quasi 150 anni: muovete il culo, è ora!
in culo anche ai napoletani che qui non c’è mai il sole: tornatevene a
napoli e non rompetemi i coglioni!
in culo ai vigili e agli ausiliari della sosta, che ti multano per il
lavaggio strade notturno sotto casa e se ne sbattono il cazzo dei suv, dei
fuoristrada e delle citycar in terza e quarta fila davanti ai locali che bloccano
il traffico ogni sera.
in culo ai preti che mettono le mani nei pantaloni di bambini
innocenti. in culo alla chiesa che li protegge, non liberandoci dal male. e
dato che ci siamo, ci metto anche gesù cristo. se l'è cavata con poco. un
giorno sulla croce, un weekend all'inferno, e poi gli alleluja degli angeli per
il resto dell’eternità. provi a passare sette anni nel carcere di opera..!
in culo a osama bin laden, a al qaeda e a quei cavernicoli retrogradi
dei fondamentalisti di tutto il mondo: in nome delle migliaia di innocenti
assassinati, vi auguro di passare il resto dell'eternità con le vostre
settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all'inferno, stronzi cammellieri
con l'asciugamano in testa, baciatemi ‘ste due palle!
in culo a quelli che il fascismo squadrista e a quelli che
l’antifascismo militante e sfascista, ai black bloc e ai no-tav: gli anni ‘70
sono finiti, figurarsi la seconda guerra mondiale, coglioni!
in culo ai perbenisti che giudicano con gli occhi incollati sul culo
della tua ragazza.
in culo a quelli “contro” che a trent'anni ancora si fanno mantenere da
mamma e papà.
in culo ai locali pettinati pieni di shampiste che non stanno zitte un
secondo senza dire mai una frase originale, e pieni di coglioni con la camicia
aperta fino all’ombelico anche a gennaio.
in culo alle modelline slave e ai calciatori milionari. in culo agli
alternativi vestiti in serie con lo stampino.
in culo a quelli che “milano è insopportabile non vedo l’ora di
andarmene”: ma chi cazzo vi obbliga a viverci, coglioni?
in culo a questa città e a chi ci abita. dalle villette di san siro
agli attici di zona 1, dalle case popolari di via palmanova ai loft dei
navigli, dai palazzoni della cerchia alle case ottocentesche di pagano, da
quelle a due piani dietro via fiamma agli appartamentini dell’isola. che un
terremoto la faccia crollare. che gli incendi la distruggano. che bruci fino a
diventare cenere, e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna
infestata dai topi.
no, in culo a te, montgomery kovalski. avevi tutto e l'hai buttato via. brutto testa di cazzo!
no, in culo a te, montgomery kovalski. avevi tutto e l'hai buttato via. brutto testa di cazzo!
K DROWNS
che poi ti dicono che non ti innamori mai, tu.
tsé.
"i'll drown when i see you,
i'll drown when i see you,
i'll drown when i see you,
i do."
venerdì 31 agosto 2012
BANG BANG
this is the way the world ends: not with a bang but a whimper. i mondi di t.s.eliot che finiscono in un gemito e non in un colpo.
ma vale per i mondi questa roba qui del t.s.eliot del finire in un gemito, non vale per le stagioni, evidentemente. non per questa stagione, o non stavolta, almeno, che st’estate l’estate finisce di botto, lavata via dalla pioggia fine che trasforma i 32° di ieri nei 20° di oggi.
ed è finita così, quest’estate. not with a whimper but a bang.
quando da è state diventa è stata, ormai.
[© ts eliot]
mercoledì 29 agosto 2012
LE FRASI PERFETTE
le frasi perfette sono l'intuizione di un attimo sono la combinazione istantanea di parole in una sequenza irrinunciabile perfetta e necessaria che ti attraversa la mente scorrendo lungo le sinapsi percorrendole sfruttandone curve anse rilievi e discese per acquisire velocità in progressiva accelerazione che nel momento stesso in cui le pensi sai che quella è la perfezione sai che non c'è nulla da togliere nulla da aggiungere né da dividere da una frase così che lo sai che se la perfezione esiste la sai la senti è lì dentro di te ora adesso in forma di parole modellate esattamente ed esattamente ordinate e sai che in nessun altro modo potrebbero essere se non così ché la perfezione è talmente perfetta che la riconosci appena la vedi ché la perfezione è intuitiva e non devi ragionarci sopra né valutarla soppesarla o considerarla la perfezione la riconosci a istinto in un attimo e lo sai benissimo che è quella la perfezione e che in nessun altro modo potrebbe essere se non esattamente così e nell'istante in cui le parole diventano frase dentro le tue sinapsi in quel preciso istante le frasi perfette ti attraversano come proiettili nella notte e sono le frasi perfette quelle che non riesci mai a memorizzare a trattenere a ricordare perché i proiettili nella notte sono piccoli e attraversano lo spazio buio più veloci della tua vista più veloci del suono molto più veloci di te e tu sei lì che stai camminando guidando facendo altro qualsiasi cosa non importa cosa oppure non stai facendo nulla stai per addormentarti a letto e certo che non ti alzi non ti muovi proprio resti immobile al sonno che si avvicina e ti ricopre e le frasi perfette che sono proiettili nella tua notte esplodono ti attraversano e passano oltre svaniscono e si perdono nel buio ne perdi parole e sequenza e respiro e ritmo e chissà dove vanno a finire le frasi perfette dopo che sono esplose e ti hanno attraversato e sono passate oltre e sono svanite perse nel buio chissà se la loro folle corsa finisce da qualche parte in qualche luogo e chissà qual è il luogo dove si fermano esauste e immobili alla fine della loro parabola le frasi perfette ora immobili e dimenticate chessò un enorme libro laggiù in fondo un libro enorme alla fine dell'universo che le raccoglie tutte da tutto il mondo da ogni tempo in ogni lingua e lì si depositano su pagine immense che si sfogliano da sé pronte ad accoglierne sempre di nuove appena pensate là dove c'è la fine di tutto un solo enorme libro per tutte le frasi perfette di ogni tempo di ogni luogo di ogni lingua e se è così allora forse torneranno a vivere un giorno alla fine del tempo e dello spazio e la fine del tempo sarà un flusso di parole in sequenze perfette che attraverserà lo spazio siderale il nero infinito il gelo cosmico l'assenza di qualsiasi cosa del vuoto assoluto attraverserà le curvature le stelle le galassie schivando pianeti orbitanti e nova che esplodono in bagliori atomici immensi e multicolori e passerà oltre le nebulose oltre le costellazioni oltre le nane bianche oltre la densità di minuscole pulsar bordeggiando buchi neri e sciami meteoritici e il flusso di parole in sequenze perfette delle frasi perfette alla fine di ogni tempo attraverserà come scie luminose il nero siderale e cavalcando lo spazio vuoto gelido immenso del cosmo cavalcando l'infinito le frasi perfette torneranno qui e negli ultimi istanti di questo pianeta ci faranno estinguere nella perfezione delle parole di tutta la storia di tutti i pensieri dispersi di tutte le intuizioni che ci hanno attraversati come proiettili nella notte e che abbiamo perduto.
oppure anche l'universo è prosaico e le frasi perfette sono perse per sempre nel vuoto nel nulla di menti che dimenticano troppo in fretta una perfezione che non gli appartiene e che non sanno trattenere.
domenica 26 agosto 2012
202.7.48, o DELLE CERTEZZE DELLA VITA
che aiutano, le certezze. per quanto minimali, aiutano. aiutano a vivere meglio, le certezze. anche quelle minimali. tipo, sapere con certezza qual è il proprio posto nel mondo. e kovalski lo sa. non all'incirca. più o meno. giù di lì, o su di qui. no, no. kovalski sa esattamente qual è il suo posto.
settore 202.
fila 7.
posto 48.
fighez, più preciso di così...
venerdì 24 agosto 2012
PUNTO
“va bene se passo stasera a recuperare le ultime cose?”. “ah già, è vero, la sua roba”. che non ci pensavi nemmeno più, tu. dopo due anni te ne eri anche dimenticato. vinili. libri. qualche fumetto. poco d’altro. e poco di che, in fondo. tre cartoni. che recuperi dalla cantina. e infili nel baule della sua auto. e poi, siete lì, sul marciapiede, vi guardate, e senza molto da dirvi. ma forse non c’è nemmeno bisogno di avere qualcosa da dirsi, no? che basta la consapevolezza che ora, così, non ci sono proprio più sospesi tra voi. è tutto così semplice. e conclusivo. come mettere il punto in fondo a una frase.
semplice. e conclusivo. punto.
venerdì 17 agosto 2012
STORIE DELL'ESTATE 2012
il vento. caldo. il ventocaldo. così caldo che evapora pelle e
respiro. e così vento che batte terra battuta, che sfoglia tra le foglie degli
alberi, che disegna le scanalature delle colonne e i bordi irregolari dei mucchi di pietre sparse a terra.
il ventocaldo che sfibra e sfinisce. ogni cosa. ognuna.
ciascuna. tranne una. il frinire infinito delle cicale.
non serve a nulla nemmeno raschiare il fondo del
barile di qualsivoglia reminiscenza liceale tu possa avere. ogni iscrizione è
un enigma insolubile. riesci a leggerla. ma non puoi cavarne alcun senso. nemmeno
una remota intuizione. no.
ti piace raccontarti che il problema è il tempo
passato dai tuoi anni liceali. eggià. proprio.
malgrado il caldo irrespirabile, lo fai. malgrado
la sensazione di star facendo una cosa idiota, lo fai. malgrado tu sia
costretto a fare ‘sta cosa idiota sotto qualche centinaio di sguardi, lo fai.
corri. corri tutta la lunghezza dello stadio. dalla riga di partenza. a quella del traguardo.
hai corso a olimpia. tu. uau.
sì, vabbé, sei circa 2.700 anni in ritardo. embè? perché
star qui a spaccare il capello?
colori. ne bastano tre. a fare un intero mondo. un mondo di tre colori.
l’azzurro terso e scintillante del cielo. del mare.
e delle cupole.
il bianco splendente delle case.
il nero della terra e delle rocce laviche.
bastano tre colori a disegnare atlantide. o quel che ne resta. e che chiamano santorini.
rodi è un solo colore, invece. uno solo. il grigio. il grigio della
pietra con cui è costruita la città fortificata medievale. cristiana. la rocca, le mura, il palazzo, la cattedrale. e poi, le moschee a ricordare i secoli musulmani. che in grecia
nulla è stabile, tutto muta e fluisce. sempre.
grigio anche qui. grigio della pietra che
fortifica, che arrocca. e che costruisce e si abita, anche. e il rosso dei tetti a ricoprire tutto il grigio. è così che la città fortificata è grigia e rossa e protesa sul blu del mare.
l’isola che chiude l’orizzonte, una memoria di marai.
c'è venezia in ogni architettura, qui. la memoria dei secoli nei quali era detta ragusa. oggi si pronuncia dubrovnik.
e sembra così lontana la guerra, ora. che era solo vent’anni fa. la guerra di cui non ci eravamo nemmeno accorti, da qui, noi.
(percorrere la geografia, qualsiasi geografia del
bacino del mediterraneo, ti dà sempre questa sensazione dell’intrecciarsi della
storia, o meglio delle storie. e delle genti. e ti lascia sempre con la domanda
di cosa definisca realmente l’identità. qualsiasi identità. anche oggi. anche la tua.)
domenica 5 agosto 2012
SEMPRE DOPO
dopo. il difficile viene sempre dopo.
dopo, quando hai ormai finito. quando hai fatto tutto. quando è tutto dentro. quando ci sei riuscito, a farci stare tutto. quando hai chiuso il borsone. quando ora è pronto, lì, di fianco alla porta.
ecco. è lì che viene il difficile. esattamente lì. indovinare cosa cazzo avrai dimenticato stavolta.
venerdì 27 luglio 2012
K-SUMMER
ti resta una sola cosa da fare, ora, kovalski. appendere un cartello sulla porta del tuo ufficio. no, kovalski, no! “chiuso per vacanza”, devi scriverci, “chiuso per vacanza”! non “sucate!”. eddai!
mercoledì 25 luglio 2012
KOVALSKI vs ROSSELLA O'HARA
rossella o’hara non ha mai capito un cazzo.
è oggi che è un altro giorno. sempre.
giovedì 19 luglio 2012
martedì 17 luglio 2012
DANCE KOVALSKI TO THE END OF LOVE
prologo:
“parlare d’amore è come ballare di architettura”, dice il vecchio frank. e allora, balliamo, chiosa il k.
“la stagione dell’amore / viene e va”, cantava quel tale. viene e va, già. più o meno, viene e va, in verità, che più che altro, va, dici tu da dietro la curva della vita, la tua.
hai amato due volte, tu.
la prima volta eri troppo adolescente. ed è andato quando eri troppo ventenne, ormai. che da ventenne, poi, l’amore va.
(e gli anni venti quando li vivi sono anni veloci, velocissimi, così veloci che non riesci a fissarli nella retina… l’università che inizia, la vita che arriva, l’università che finisce, la laurea che chiude tutto e che apre tutt’altro, la vita che cambia, il lavoro che inizia, il lavoro che accelera, gli anni nomadi.
e in fondo al lungo tunnel in accelerazione dei tuoi anni venti, tu. tu che nel dubbio sei riuscito persino a passare un pezzo di vita con chi non hai amato mai. giusto per non farti mancare nulla, eh, che non si sa mai.)
hai amato due volte, tu.
la seconda volta è stata la volta che nemmeno credevi ci fosse, quella roba lì che sentivi nelle canzoni pop e che vedevi nei film, la roba quella roba lì chiamata amore. e invece c’è davvero, hai scoperto poi. ché la seconda volta è stata la volta dell’amore adulto. quello diverso dall’amore adolescente, che l’amore adulto la costruzione, la progettualità, la condivisione. diverso, ma anche uguale all’amore adolescente, già. che pure l’amore adulto il batticuore, l’emozione, l’ormone. uguale. e fino in fondo. ché come l’amore adolescente, anche l’amore adulto, poi, va.
(e c’è stata quella volta. la volta che hai scartato il pacchetto, e dentro c’era l’i-pod. e l’hai guardato, e le hai sorriso, e l’hai rigirato per le mani, e c’era questa frase incisa dietro. per lei un augurio. o forse una sorta di richiesta, chissà. questo, lei. tu, dalla prima volta che l’hai letta, hai sempre pensato che suonava come una profezia, tipo. “dance me to the end of love”. to the end. già.)
ed è così che due anni fa l’amore adulto ha fatto quello che l’amore, il tuo almeno, fa: va.
e sì, è esattamente così che funziona: l’amore adulto va, danzando alla fine dell’amore.
già.
hai amato due volte, tu.
hai amato due volte, tu.
“…ne abbiamo avute di occasioni, perdendole. / non rimpiangerle, non rimpiangerle mai.”
epilogo:
e in fondo a tutto, ti chiedi se stare bene con te stesso, se vivere bene vivendo solo, sia una qualche soluzione. o se sia parte del problema.
[© f.zappa, f. battiato, l. cohen]
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it's a single single life,
robe di k
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